Femminismo sostenibile

Cosa significa sostenibile? Letteralmente “assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.

È quindi possibile un femminismo sostenibile? Assolutamente si, e ne avremo via via sempre più bisogno nel nostro mondo contemporaneo.

L'obiettivo è quello di integrare queste proposte nelle dinamiche di transizione ecologica aziendale e, quindi, culturale. Perché se parliamo di sostenibilità, non facciamo solo riferimento all'ambiente, ma anche alle politiche di genere, alla salute mentale delle persone, all'opportunità di un mondo migliore per tutti e tutte.

Il Femminismo sostenibile, esattamente come tutto ciò che è sostenibile, assicura i bisogni della generazione di oggi, attraverso lo studio e la comprensione delle dinamiche del passato che hanno portato, progressivamente, alla liberazione delle donne nel presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri, anzi dando nuovi strumenti, nuove modalità e nuovi spazi di azione. 

Perché l'urgenza di un Femminismo sostenibile?

Partiamo dal presupposto che la vita di una donna non è quasi mai (se non mai) sostenibile, perché è plasmata dal patriarcato. È con il patriarcato che ci confrontiamo ogni giorno, anche nelle azioni apparentemente più banali. Basti pensare al fatto che modelliamo i nostri orari di uscita e di rientro a casa e i percorsi da fare in base alla sicurezza delle nostre città; la sicurezza ovviamente si misura sul rischio di essere aggredite sessualmente. Pensiamo al gender gap degli stipendi confrontati con quelli di colleghi uomini con le stesse mansioni. O ancora al fatto che le donne tendono a coprirsi di più sui mezzi pubblici, non perché ci sia l'aria condizionata sparata a palla, ma perché hanno paura di essere molestate, colpevolizzandosi così, come se la molestia dipendesse realmente dal modo in cui si è vestite. O all'atteggiamento remissivo di fronte un episodio di catcalling, di insulti verbali, di mani sul culo sui luoghi di lavoro. Perché se ti ribelli sarai considerata una pazza che non era riuscita a capire "il gioco", una persona pesante che affronta la vita con poca leggerezza.

Una vita non sostenibile è una vita vita difficile, che procede a scatti, ricca di ostacoli da affrontare quotidianamente, in cui anche la cosa più "banale", come tornare a casa da sole in tarda serata (cosa assolutamente normale per gli uomini), diventa di una difficoltà a volte insormontabile.

Ecco la radice dell'insostenibilità, ovvero dover adeguare la propria esistenza a quella altrui.

Ma la vita di una donna è insostenibile non solo per la paura nei confronti degli uomini, ma anche per il gravoso aspetto di cura che alle donne è affidato da millenni (e per affrontare questo tema ci riserviamo altri articoli, considerata la complessità).

Per questo si pone l'urgenza di parlare di Femminismo sostenibile, perché il cambiamento va integrato in una società in cambiamento sotto molti punti di vista, ma soprattutto perché recuperare la situazione della crisi ambientale e umana che oggi viviamo può partire proprio da qui, dal ruolo delle donne e dalla consapevolezza del loro immenso potere.

Nuovi strumenti per un Femminismo sostenibile

Quali sono i nuovi strumenti che ci servono oggi per pensare ad un Femminismo sostenibile?

Oltre la conoscenza, fondamentale e assolutamente primaria per prendere consapevolezza della storia che, come donne, ci ha condotto fino a qui e ci ha portato ad essere ciò che siamo in questo presente, sicuramente altri strumenti e metodologie per integrare nella nostra vita due importantissimi aspetti:

  • l'auto-coscienza che ci sostiene, nell'essere aggiornate sulle nostre possibilità. Si parte dal fatto che quella della nostra presunta debolezza o minore capacità logica di districarsi in situazioni semplici o di responsabilità, è solo frutto di una narrazione patriarcale che da millenni ci vuole "più fragili" per poter effettuare migliori forme di controllo a nostro discapito, su tutte le fasce d'età e su tutte le estrazioni sociali;
  • l'auto-difesa, perché da sole possiamo e sappiamo difenderci. Altro cardine della narrazione patriarcale è stato quello di renderci sottomesse sempre alla presenza di un uomo per sentirci più sicure. Siamo educate all'insicurezza fin da bambine e questa sensazione di inadeguatezza ce la portiamo dietro per tutta la vita. A tal proposito il Wen-Do, una disciplina di origine canadese, diffusasi poi in tutto il mondo e in Europa principalmente in Germania e Svizzera e, a piccoli passi, anche in Italia, può rappresentare una fonte di ispirazione enorme e inesauribile per le tematiche che stiamo affrontando.

Il Femminismo sostenibile nelle imprese

In questo articolo introduttivo, mi preme fare presente che oggi nelle imprese e nelle culture imprenditoriali, si sta facendo sempre più spazio il tema della salute mentale e del benessere psichico dei lavoratori. Per le donne, però, e per la complessità delle tematiche e delle misure da adottare, la transizione verso una maggiore sostenibilità diventa, ovviamente, più articolata.

Per questo iniziare a parlare e cominciare ad educare oltre alla sostenibilità, anche ad un femminismo sostenibile, può significare garantire un'ampia fascia di lavoratrici maggiori diritti e maggiore benessere, oltre che una migliore work-life balance.

 


Gender Equality e sostenibilità aziendale

La Gender Equality è lo step successivo al superamento del Gender Gap, ovvero del "divario di genere"sostanzialmente sui posti di lavoro ed è un indice di sostenibilità aziendale. 

Il Gender Gap della vita lavorativa impatta anche sulla vita economica e sociale delle persone. Il suo superamento, quindi, si pone come un passo fondamentale e necessario al miglioramento della quotidianità.

Gender Pay Gap: quando il lavoro non è equo e sostenibile

Il Word Economic Forum, da anni, tiene sotto controllo il gender gap che esiste in vari ambiti della vita delle persone: tra questo, il più diffuso è sicuramente il Gender Pay Gap, ovvero il divario retributivo tra i dipendenti di un'azienda in base al loro sesso biologico.

Spesso il Gender Pay Gap arriva fino ad una percentuale del 20% in più nella retribuzione maschile rispetto a quella femminile, intesa nello stesso ambito lavorativo e sullo svolgimento delle stesse mansioni.

Ma quali sarebbero i risvolti sostenibili e positivi del superamento del Gender Gap verso una maggiore Gender Equality?

Gender Equality: più sostenibilità e più produttività

Molti studi dimostrano che appianare il gender gap produrrebbe un incremento del PIL e quindi avrebbe dei risvolti positivi anche sul piano della ricchezza economica.

Oltre questo, bisogna considerare il fatto che le politiche di gender equality producono effetti positivi anche sul piano psicologico, sociale e relazionale, dimostrandosi dunque più sostenibili.

Anche le formule di smart working garantirebbero un importante sostegno alla causa, riuscendo a realizzare la tanto blasonata work life balance. 

Assicurarsi che le donne entrino a pari titolo nei posti di lavoro e che abbiano le stesse opportunità degli uomini di studiare e realizzarsi nel mondo del lavoro si declina in un mondo lavorativo e sociale più felice e produttivo.

La Gender Equality sarà, nei prossimi anni, un traguardo prima di tutto culturale, con l'adozione di misure di welfare che siano assistenziali e che incentivino le donne e le aziende a proseguire strade virtuose soprattutto nei percorsi di parità non solo salariale, ma anche rispetto alle mansioni e ai doveri a cui adempiere.

 


Che cosa è il Greenwashing?

Che cos'è il Greenwashing? Lo spiega molto bene Aldo Bolognini Cobianchi in un meraviglioso testo pubblicato da Hoepli nel 2022 dal titolo "Comunicare la sostenibilità: oltre il Greenwashing". Partiamo proprio da quel testo e dalle parole dell'autore, per commentare la pratica del Greenwashing.

Letteralmente sarebbe "lavaggio verde" ed è una pratica che molte aziende e brand hanno fatto e fanno tutt'ora per presentarsi come "sostenibili". Ma non è vero! Perché quella del Greenwashing è una sostenibilità solo di facciata, ma non corrisponde allo stato reale delle cose.

In un testo del 2018, L'industria della carità, la giornalista e scrittrice Valentina Furlanetto definisce il greenwashing come una mossa falsa e pericolosa che le aziende fanno per ripulirsi la reputazione agli occhi del pubblico o per cercare di posizionarsi in una fetta di mercato che non è la loro, mistificando risultati, materie prime, etichette e comunicazione del proprio brand o dei propri prodotti.

Ma come si fa a smascherare il Greenwashing?

Secondo Jay Westerveld, noto ambientalista americano e giornalista freelance, citato appunto da Bolognini Cobianchi, ci sono degli elementi indicativi che smascherano il greenwashing di un'azienda. Tra questi ricordiamo e sottolineiamo:

  • assenza di prove: rispetto alla sedicente sostenibilità di un prodotto o di un servizio;
  • proposte falsamente accattivanti: da parte di un brand per affascinare e convincere i consumatori di un qualcosa che, in realtà, non c'è;
  • mentire spudoratamente su componenti nutritive, materie prime utilizzate o facendo pubblicità che esalta valori assenti o che fa promesse che, ovviamente, non riuscirà a mantenere.

Cosa causa il Greenwashing?

Bolognini Cobianchi va avanti con la trattazione del Greenwashing sottolineando, con assoluta chiarezza e completezza di informazioni, cosa causerebbe e causa il Greenwashing ad un'azienda o a un brand che vi ricorre (cfr. p.86-87): in estrema sintesi, esso danneggia l'awareness e la reputation di un brand. Non è uno scherzo!

Soprattutto oggi, periodo molto delicato per la crisi energetica e per la sostenibilità ambientale, far finta di essere attenti al nostro Pianeta o sensibili nel diffondere delle notizie o valori che non corrispondono al reale, non può far altro che compromettere per sempre un brand.

Quindi il consiglio è di non farlo se non lo si è!

Perché l'era dei clienti sta tramontando da un bel po'. Oggi ci sono le persone e le persone desiderano cose vere, ma soprattutto veri brand.


È possibile una comunicazione sostenibile?

È possibile una comunicazione sostenibile? Ma soprattutto, cosa intendiamo per comunicazione sostenibile?

Sul tema della sostenibilità si sta discutendo molto in questo ultimo periodo. Agricoltura sostenibile, industria sostenibile, moda sostenibile, stanno tutti sotto lo stesso ombrello. La sostenibilità è motivo di grande interesse, intesa come possibilità di vivere in un mondo e in una società più tollerabile per gli umani e per l'ambiente. 

Pensare e ri-pensare in modo sostenibile

Ci ritroviamo a pensare e a ripensare tutto ciò che viviamo in modo sostenibile. La Terra non potrà sopportare ancora per molto le vessazioni a cui l'abbiamo costretta nell'ultimo secolo. E noi umani? La nostra comunicazione può essere ripensata in modo sostenibile? E perché prima non lo era?

Tutti i discorsi d'odio, le parole in surplus sui social media, una comunicazione ridondante e, per questo, spesso priva di valore e di autenticità non può essere di certo considerata sostenibile.

Non è infatti sostenibile:

  • navigare sui social media ed essere sottoposti ad una serie infinita di contenti tutti uguali che non raccontano nulla
  • ritrovarsi newsletter che indicano solo l'ultimo super sconto ovviamente e inutilmente imperdibile
  • essere bombardati da banner pubblicitari che intercettano le nostre ultime ricerche sul web, che dovrebbero interpretare o addirittura anticipare i nostri desideri, ma che a volte risultano proprio per questo, invadenti e pressanti.

A fronte di tutto ciò, come ci si può difendere e come si può dare cercare una comunicazione sostenibile?

La ricerca di una comunicazione sostenibile

La comunicazione è fatta per le persone, non contro le persone. È necessario quindi, senza essere troppo bacchettoni e aspiranti intellettualoidi (che non serve a nulla), porsi la domanda: come è possibile fare comunicazione in modo sostenibile? 

Nel marketing non è facile, dato che la maggior parte dei prodotti e dei servizi che il mercato ci propone e ci offre, è inutile. Il marketing non interpreta dei bisogni, li crea.

Ma forse, proprio per questo, il suo contributo alla sostenibilità può essere rivoluzionario. 

Focalizzandoci sull'intento di ricerca, possiamo capire cosa desiderano le persone e possiamo proporglielo in una maniera differente:

  • rispettosa
  • gentile
  • elegante
  • realmente risolutiva

Il marketing e la comunicazione, quindi, invece di creare bisogni per proporre soluzioni superflue, potrebbero invertire il loro senso di marcia. Così facendo diventerebbero importanti

  • valori umani e soluzioni
  • una costante ricerca della bellezza e NON del prezzo più basso
  • il rispetto per l'altro e la sua accoglienza

Cosa fare, operativamente, per una comunicazione sostenibile?

Al di là di tutti i bei discorsi e delle teorie, ci focalizzeremo, nei prossimi articoli, su esempi rilevanti e soluzioni per una comunicazione sostenibile.

Il primo passo, ovviamente, è crederci e impegnarsi realmente affinché tutto questo sia possibile.