Il brand è un organismo vivente

Che vuol dire che il brand è un organismo vivente? Significa che quando crei un brand, il tuo brand o per conto di un tuo cliente, quel brand nasce e inizia a crescere, come un qualsiasi altro organismo. Ciò comporta che ogni brand va nutrito affinché cresca. Ma significa anche che può nutrirsi autonomamente grazie al suo target di riferimento. Se il brand è posizionato correttamente e sei riuscito a porlo davanti il pubblico giusto, sarà quello stesso pubblico a nutrirlo.

Il pubblico nutre il brand con gli acquisti. Un buon posizionamento porterà il tuo brand a chiudere molte conversioni e, ovviamente, ad avviarne altre.

Come ogni organismo vivente, il brand presenta un naming o nome, un suo personalissimo carattere, un suo grado di conoscenza da parte del target, o brand awareness e anche un suo grado di reputazione o brand reputation. 

Come ogni persona che vive e opera nel mondo, il brand avrà una visione o vision da trasmettere e una missione o mission a cui arrivare nel corso della sua esistenza.

Questioni filosofiche di brand

Tenendo conto di tutti i piccoli spunti che abbiamo elencato sopra e che ci servono ad avere un quadro totalmente generale di quelli che sono gli aspetti fondamentali di un brand e su cui vi invitiamo ad approfondire, tutto ciò che riguarda un brand non può essere solo appannaggio di testi e discorsi sulla comunicazione.

Ogni brand merita una trattazione filosofica, in quanto, appunto, organismo dotato di vita. 

Se perdiamo di vista questo aspetto decisamente umano del brand, perdiamo di vista la sua stessa natura. Salvo i brand nati da un puro istinto commerciale, che infatti non sopravvivono molto nel mercato, ogni brand nasce con un progetto di esistenza e conoscenza molto più ampio.

Un brand nasce per rispondere non solo a un bisogno, ma anche ad un sogno, a un desiderio.

Vediamo il caso di Apple, per esempio, di Coca Cola, di McDonald, dei più noti brand di moda, di quelli legati al mondo dell'automobilismo: tutti questi brand non sono solo frutto della volontà di creare valore economico per il mercato, ma rispondono a dei veri e propri desideri. Questi brand non propongono solo soluzioni, ma forniscono una vera e propria alternativa di esistenza ai propri consumatori. 

Sono questi gli aspetti che fanno di un brand un organismo vivente da amare, da seguire, a cui restare fedeli.


Come fare una Facebook adv?

Tra i luoghi comuni più diffusi nel Digital Marketing c'è quello per cui per avviare una campagna Facebook adv ci vogliono cinque minuti. Bugia! 

O meglio, è vero che per avviare una campagna Facebook ci vogliono cinque minuti, ma per "farla in cinque minuti" serve preparazione, capacità analitica e una grande abilità di osservazione.

Innanzitutto mettiamo subito le cose in chiaro riguardo la call to action che ogni utente trova sotto i post del proprio diario di Facebook o del proprio feed di Instagram. Quando leggiamo "metti in evidenza il post" stiamo accendendo alla possibilità di creare un'inserzione, che è, in realtà, solo l'ultima parte di una campagna pubblicitaria nel circuito Meta.

Metti in evidenza il post vs campagna Facebook adv

La call to action Metti in evidenza il post, dicevamo, ci dà la possibilità di creare un'inserzione e quindi:

  • scegliere il pubblico a cui si rivolgerà quella creatività utilizzata per veicolare una pubblicità;
  • il budget da investire in quella pubblicità;
  • il tempo di visualizzazione di quel contenuto pubblicitario.

Insomma, quella call to action che fa sentire potenti molti profani sul tema, ci dà solo una visione parziale della complessità del tema. E sappiamo che avere una visione parziale credendo di possederne la totale è il preludio per l'ignoranza.

Quindi, lo strumento Metti in evidenza il post resta valido solo e soltanto se riesci ad avere la visione totale del sistema di advertising di Meta che, invece, si presenta molto più complesso. Aggiungo incomprensibile per chi, per tutto il tempo, ha creduto che bastasse "mettere in evidenza il post" per avere risultati vincenti.

Quali sono, invece, le differenze con una campagna pubblicitaria nel circuito Meta, ancora chiamate per la maggiore Facebook adv?

Tratti salienti di una Facebook adv

Innanzitutto dobbiamo accertarci di lavorare con una pagina Facebook e un account Instagram Business che siano correttamente collegate in un Business Manager. Il Business Manager è uno strumento di Meta per gestire in un unico luogo, tutte le attività social legate a Meta della tua azienda.

È uno strumento molto complesso, per cui la cui conoscenza ti consiglio di leggere questo articolo: https://www.facebook.com/business/help/113163272211510?id=180505742745347

Se hai dimestichezza con Business Manager, saprai che all'interno del tool è possibile creare un Account Pubblicitario dedicato all'azienda che seguirai e a cui sarà collegato il Business Manager. Di qui potrai accedere a Gestione inserzioniil tool che ti permetterà di realizzare le tue adv, tenerle sempre sotto controllo, di analizzare i dati e ottimizzare le successive adv.

Una Facebook adv si divide principalmente in tre momenti salienti:

  1. la campagna dove potrai stabilire l'obiettivo della tua adv, decidere se fare un test A/B per la tua adv e se ottimizzare il tuo budget (qualora tu abbia l'intenzione di avviare due o più inserzioni in quella stessa adv);
  2. il gruppo di inserzioni dove potrai stabilire più nel dettaglio il budget, potrai creare il tuo pubblico oppure scegliere tra i pubblici già esistenti nel tuo Business Manager e i posizionamenti di visualizzazione della tua adv;
  3. le inserzioni, la parte più "creativa" della tua Facebook adv. Qui potrai scegliere tra creatività già esistenti sulla tua pagina FB o account IG, potrai realizzare creatività espressamente dedicate alla tua adv, affinché venga visualizzata "off-page" e visualizzare le anteprime dei tuoi posizionamenti. Così potrai capire più chiaramente come il tuo pubblico potrà reagire all'adv.

Questo non è neanche l'inizio di una Facebook adv

Se ce l'avrai fatta a fare tutti i passaggi elencati sopra, sarai quasi pronto per avviare finalmente la tua adv. Ma il bello viene dopo! Una volta avviata una adv non basta lasciarla lì aspettando che si completi. Una Facebook adv deve essere continuamente monitorata, affinché possa essere ottimizzata in corso d'opera (qualora sia necessario). E quando giunge al completamento, dobbiamo chiederci se siamo in grado di analizzarne e valutarne i dati.

Se non ce la facciamo, iniziamo a studiare davvero. Oppure rivolgiamoci a chi sa farlo, a dei professionisti veri e non ad advertiser dell'ultima ora.

 


Cos'è il Word Design? Riproducibilità ed etica della scrittura

Che cosa vuol dire, oggi, essere una word designer? Diciamo che il termine design è anche fin troppo abusato. Quindi, prima di addentrarci nella spiegazione, meglio procedere per gradi.

Nella società di massa, in cui viviamo e in cui ci ritroviamo ad agire, a creare relazioni e a lavorare, il design ha assunto un ruolo fondamentale. Perché il design prevede un processo di progettazione a monte che possa rendere tutto ciò che vediamo, ascoltiamo, tocchiamo, leggiamo, riproducibile e confortevole su qualsiasi dispositivo in nostro uso. La nostra società e la nostra cultura non contemplano più da molto tempo, ormai, l'artefatto unico.

Tutto ciò che ci circonda rientra nel design, perché tutto ciò che ci circonda non esiste nella sua unicità, ma nella sua riproducibilità. E questo vale anche per le opere d'arte, per le opere nate dalla creatività umana.

L'era del design, l'era della riproducibilità tecnica

Nel 1936 il filosofo Walter Benjamin scrive L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, un saggio che tutte le persone che fanno comunicazione dovrebbero leggere prima o poi. Nel saggio Benjamin analizza lo stato dell'arte a lui contemporaneo, evidenziando che l'opera d'arte potrebbe andare incontro ad un pericolo. Il pericolo è individuato nella perdita dell'aura di unicità in favore di un altro tipo di meccanismo: la diffusione massiva dell'opera attraverso la riproduzione su scala industriale della stessa.

Ma, mentre l'opera d'arte perde la sua aura nella riproducibilità come dice Benjamin, perché pensata per essere unica, l'opera di design ha la sua aura proprio nella sua riproducibilità. Infatti, un'opera di design viene pensata per essere riprodotta e progettata per doversi adattare a diversi parametri e diversi dispositivi.

Design, riproducibilità e cultura visuale

Come dice Riccardo Falcinellidesign può essere tradotto con progettazione e qualsiasi opera di design è tale solo se pensata per la progettazione.

Sempre Falcinelli (2014, 6) sostiene:

Non c'è dubbio che il design abbia molti aspetti per così dire artistici, ma sono solo una parte, spesso non principale, di ragionamenti e problemi molto spesso più articolati: documentarsi su un tema preciso, risolvere una questione tecnica, ottenere i diritti di un'immagine, fare un preventivo, rapportarsi con i clienti e così via.

È per questo che la scrittura, come la grafica, diventa un elemento di design nella comunicazione. 

Di qui, si fa subito chiara la differenza che c'è tra un articolo di giornale o un'opera di letteratura e un payoff di un brand o un claim scritto per una campagna pubblicitaria o ancora un copy per i social o i testi di un sito web.

Elementi di Word Design e responsabilità della comunicazione

Chiamiamo Word Design il design delle parole. Se scrivo un copy per un social media, ad esempio, dovrò tener conto del fatto che il mio target dovrà leggerlo in maniera confortevole sia su un dispositivo mobile che sul pc; se scrivo un claim per una campagna devo selezionare i termini giusti in un campo semantico coerente, che possano imprimersi nella memoria del target e quindi essere ricordati nel tempo, se scrivo un testo per un sito web non dovrò fare un mero esercizio artistico di bravura, ma dovrò connettere le volontà del cliente, la vision aziendale o del brand, la sua mission, il pubblico a cui si dovrà rivolgere.

Potrei fare decine di esempi a riguardo. La lezione non cambierebbe di molto: un word designer deve tener conto di tantissimi elementi (che non approfondiremo in questo articolo), ma anche e soprattutto del fatto che il suo testo dovrà essere riprodotto all'infinito su tanti dispositivi diversi.

Scrivere è comunicare e comunicare è una responsabilità. La responsabilità di veicolare messaggi e il potere di divulgare idee, abitudini, modi di fare. Ricordiamolo sempre.

 


L'errore di comunicare con le "supercazzole"

Il qualunquismo non è mai un valore, eppure la comunicazione del web è piena di quelle che in gergo noi digital copywriter e digital marketer definiamo "supercazzole".

Ma cos'è una "supercazzola"? Entriamo nel vivo. Una "supercazzola", per usare il francese, è un copy o un contenuto redatto senza avere nessun margine di originalità, né nella propria scrittura né tantomeno nella scrittura proposta per il brand che stiamo curando. Ciò significa che:

  1. state scrivendo in maniera totalmente impersonale e dalla vostra scrittura non emerge né passione, né preparazione. In sintesi, sostenete di essere dei copywriter o dei digital copywriter, ma la vostra scrittura è sapida, non trasmette nessun'emozione, non racconta nessuna storia. Usate un lessico generalista e piatto e il vostro copy potrebbe essere adattato a qualsiasi contesto, potrebbe essere piegato a qualsiasi necessità.
  2. state scrivendo senza dare valore al brand, senza far emergere la sua visione valoriale, non state usando il lessico e il campo semantico che meglio si addice a quel brand, non vi state rivolgendo a nessun target, non state puntando a nessun obiettivo e sicuramente non ne raggiungerete nessuno.

Nella comunicazione, la "supercazzola" è un disvalore

Nella comunicazione la "supercazzola" è un disvalore. Se provate noia per la vita, se pensate che tutto sia grigio e che tanto il vostro testo non verrà letto, se fate questo mestiere ma non lo sentite e se avete un atteggiamento scocciato, è meglio che cambiate lavoro. No, lo sto dicendo seriamente e no, non sto scherzando. La comunicazione, come la vita, ha bisogno di passione. E vi salva il fatto che io sia una persona corretta e diplomatica, perché altrimenti qui linkerei un sacco di esempi facendo nomi e cognomi di chi, con la solita sfacciataggine che contraddistingue le persone mediocri, si vende per copywriter e scrive solo "supercazzole".

Come rimediare alla "supercazzola"

La scrittura è un'arte e non è per ogni persona: non basta voler scrivere o imparare a scrivere, cosa che si fa già dalle elementari. Bisogna sentire dentro quella grande passione che accomuna tutte le persone che vogliono fare un lavoro artistico. Sì, perché nello scrivere c'è l'arte dell'ascolto, l'arte del ricordo, l'arte della traduzione. Scrivere è ogni volta ri-scrivere, tradurre un pensiero, un sogno, una visione che nella mente di chi ci parla, di chi ci chiede di redigere i testi per un sito o anche per un "semplice" post sui social network, esiste già. Noi copywriter dobbiamo saper tradurre quel pensiero, quel sogno, quella visione.

E, credetemi, non c'è accademia o laurea che tengano: se non sentite viva dentro di voi la fiamma di quella passione, a nulla varranno i titoli di studio.

Al contempo, però, se avete davvero quella fiamma, non lasciate che si spenga: coltivatela, alimentatela, informatevi, leggete (tanto), studiate, fate ricerca continua, su ogni argomento vi si pari davanti o vi venga proposto. Mettete da parte l'ego, perché non c'è un argomento più o meno degno della vostra attenzione. Siate umili.

Se volete evitare di scrivere testi dozzinali, abbiate cura di ciò di cui parlate, di ciò che tradurrete nella sacralità della parola scritta. 

Tutto il resto, sono solo enormi "supercazzole".

 

NB: questo articolo è stato scritto nel rispetto di una visione a-gender ed eticamente sostenibile.


Regole di sopravvivenza per freelance

Tanto un post devi pubblicare. Se hai avuto la brillante idea, nella tua vita, di essere social media manager, chissà quante volte avrai sentito questa frase.

In questo articolo ti spiegheremo come sopravvivere al senso di frustrazione e turbamento che segue l'ascolto di una frase così, enunciata spesso dalle persone con cui, come freelancer, collaboriamo.

Si, perché se hai la fortuna di lavorare nel contesto di un'agenzia e se hai la fortuna di lavorare con persone corrette che poco a poco, giorno dopo giorno, diventano la tua famiglia, hai meno possibilità di correre questo rischio. Perché se un'azienda si comporta in maniera scorretta nei confronti di persone che, come te, lavorano nell'ambito del marketing e della comunicazione, e in agenzia vige un buon clima, si farà di tutto per fare fronte comune e cercare un dialogo alternativo con l'azienda.

Ma se sei freelance, combatti in totale solitudine nei confronti delle aziende con cui collabori e devi sapere quali regole applicare per destreggiarti e sopravvivere in questo marasma.

Sopravvivenza e vita da freelance

I freelance non hanno vita facile. E questa non è una frase campata in aria, è una certezza. Qualcuno diceva che l'unione fa la forza e mi sa che aveva ragione. Quando si è in gruppo ogni difficoltà viene superata con il supporto e l'attenzione di tutte le persone che lavorano insieme, che condividono battaglie, che hanno un obiettivo in comune. Quando, invece, ci ritroviamo in totale solitudine a fronteggiare momenti di sconforto, la possibilità di avere una rivincita si fa molto più dura.

Per questo ti dedichiamo questo articolo, perché nessun essere umano è una monade solitaria, anche se freelance.

Vediamo quindi come fronteggiare e reagire alle più diffuse occasioni di critica che ci possono provenire dall'esterno. Fermo restando che questi consigli non devono aumentare la nostra arroganza: infatti ammettere i propri errori e fare di tutto per superarli è prova di grande intelligenza. La frustrazione e l'umiliazione derivano piuttosto da frasi dette senza coscienza di causa, senza provare a capire che il nostro mestiere è complesso, richiede tempo e che non è nostra tutta la responsabilità di alcune scelte aziendali visibilmente fallimentari.

Regole di sopravvivenza per freelance

Vi mostriamo qui 5 occasioni di disagio che sicuramente vi saranno capitate e 5 modi per affrontarle con eleganza, grazia e positività:

  1. Tanto un post devi pubblicare: no. Questa è una frase molto frequente. Per scrivere un post, soprattutto per scrivere un post che abbia un senso in una strategia di digital marketing serve una grande concentrazione e tanto metodo e studio, oltre che tanta tanta pratica.
  2. Una grafica la posso fare anche io. Non è assolutamente vero. Anche qui serve preparazione, specie se non vogliamo incorrere in grafiche off topic o in stile anni Ottanta.
  3. Ho provato a chiamarti ieri sera, perché non hai risposto? Datevi degli orari. Sconnettersi dai dispositivi, dalle mail, dalle chiamate alle 9 di sera è un diritto. Altrimenti diventerete il vostro lavoro, perdendo di vista le altre cose belle e ugualmente importanti della vita.
  4. Non posso pagarti, è un momento difficile. Forse questa è una delle frasi più agghiaccianti. Se si entra in un negozio per comprare un paio di scarpe si presuppone che si abbiano i soldi per comprarle. Quindi se un'azienda vi richiede dei servizi mettete subito in chiaro che ogni servizio ha un suo costo e che ogni servizio va regolarmente pagato.
  5. La tua attività non ha apportato nessun beneficio all'azienda. Per questo è importante creare dei report e spiegare che per ogni risultato serve del tempo consono. Mostrate i report con i dati e se sono davvero insoddisfacenti, può capitare. Il marketing e la comunicazione vivono di approssimazioni successive. C'è sempre la possibilità di regolare il tiro, perché non tutti gli aspetti di una strategia sono precisamente definibili in partenza. Cercate un dialogo su queste basi e assicuratevi di avere sempre una risposta propositiva e proattiva.

Infine imparate dagli errori. Nessun essere umano nasce già con l'esperienza per la vita. Perseguite l'umiltà senza mai perdere la vostra dignità. Studiate per avere basi forti e sappiate che si può sempre migliorare e imparare.

Per concludere ricordate la frase di Bill Gates e quando siete particolarmente giù di tono, ripetetevela come un mantra:

Se riesco a fare un lavoro in 30 minuti è perché ho speso 10 anni per imparare come farlo in quel tempo. Tu devi pagarmi per quei 10 anni, non per i 30 minuti. 

E in bocca al lupo!

 

NB: questo articolo è stato scritto nel rispetto di un linguaggio gender correct.


A branded copy: da dove partire per scrivere per un brand

Spesso, nel nostro lavoro di copywriter, ci chiediamo come fare a trovare le parole giuste per un brand. La domanda sorge spontanea nel momento in cui ci ritroviamo a far combaciare tecniche di vendita, ottimizzazione SEO e l'innata passione per la scrittura che dovrebbe caratterizzare l'atteggiamento di ogni copywriter.

Sono proprio questi i motivi che ci portano ad affrontare la questione: come faccio a scrivere un copy brand oriented? Lo vedremo insieme nel corso di questo articolo.

 

Come funziona un copy brand oriented

Qual è e come è un copy che funziona in una strategia di Digital Marketing brand oriented? È una domanda che non trova una risposta così scontata. Perché, soprattutto se ci troviamo nelle condizioni di dover scrivere post per un piano editoriale coinvolto in una strategia di Digital Marketing, dobbiamo tener conto di alcuni imprescindibili elementi.

Infatti, se il nostro copy viene letto sui social media, deve essere adatto a quella lettura. E sappiamo quanto sia estemporanea la lettura di post social. Spesso ci ritroviamo di fronte concetti sempre uguali, oppure molto confusi, oppure ripetitivi. In queste condizioni, lasciare il copy e passare ad un altro post e l'atteggiamento più spontaneo che adottiamo. Il sogno di ogni copywriter è che chi legge resti il più tempo possibile sul copy. Quindi, che fare?

Dalle keyword a un copy brand oriented

Affinché chi legge un copy sui social media arrivi alla fine del nostro copy, quel copy deve rispettare la brand identity del brand per cui stiamo scrivendo. È questa la questione più calda da affrontare. Perché un copy, esattamente al pari della grafica, deve rappresentare, deve riflettere ciò che quel brand vuole comunicare. Per questo uno dei motivi più frequenti di abbandono della lettura sta proprio nella difficoltà di chi legge, di connettere scrittura, immagine e brand.

E allora, oltre agli elementi imprescindibili di un digital copy, per cui vi rimandiamo alla lettura di un altro nostro articolo (https://www.lateraltelling.it/2021/11/08/im-a-copywriter-what-is-your-superpower/), bisogna considerare che le parole usate in un copy devono essere coerenti con il brand che raccontiamo.

Il primo passo è isolare le keyword del brand per cui scriviamo.

Produciamo un file in cui andiamo a collocare, attraverso una ricerca, tutte le parole chiave del brand per cui lavoriamo. E dove possiamo trovare le keyword adatte? Facile! Innanzitutto osserviamo il nostro brand, studiamolo, cerchiamo di coglierne tutte le sfumature, parliamo con le persone che lo hanno creato o che già ci lavorano.

Dopo di che, avvaliamoci di tool molto utili al nostro obiettivo: tra questi vi indichiamo alcuni che a noi piacciono molto, come AnswerThePublic (https://answerthepublic.com/), Seozoom (https://www.seozoom.it/) e SEMRUSH (https://it.semrush.com/analytics/keywordmagic/start).

Ovviamente ce ne sono molti altri e una facile ricerca su Google potrà svelarvelo. Questi, però, restano i nostri preferiti. Per i tool che vi abbiamo appena linkato esistono dei piani a pagamento non proprio economici, ma c'è anche la possibilità di accedere a prove gratuite o a ricerche limitate se vogliamo testare qual è quello che "ci veste meglio".

Il potere delle keyword in un copy

Il potere delle keyword è forte. Perché? Ve lo ricordate il famoso campo semantico che ci facevano scrivere in seconda o terza elementare per comprendere un testo? Ebbene, lo studio delle keyword non si distanzia molto da quel concetto. Un copy scritto nel rispetto delle keyword dell'azienda, ma anche e soprattutto delle ricerche che le persone effettuano sul web in base a quell'argomento, sarà un copy vincente:

  • perché saprà rispondere ai quesiti richiesti
  • perché interpreterà il brand
  • perché creerà un rapporto tra chi legge e l'azienda
  • perché sarà esaustivo e non sarà mai off-topic

Ovviamente, la forza di chi svolge il mestiere di copywriter sta proprio nel saper usare quelle stesse parole in modo sempre creativo, innovativo, avvincente, divertente, talvolta ironico, sempre leggero.

Fermi questi presupposti, iniziamo la nostra ricerca. Sarà divertente e ci porterà a risultati sperati.