Perché ci piacciono tanto i video in formato TikTok?

Perché ci piacciono tanto i video in formato TikTok? La domanda si fa pressante, soprattutto in un momento di transizione e di cambiamento del digital marketing e della comunicazione digitale come quello che stiamo vivendo in questo momento.

Perché i video spopolano sui social

Dal 2020, l'anno della pandemia, abbiamo assistito allo spopolamento di TikTok, un nuovo social media, in cui si pubblicano solo contenuti video.

I video, dalla brevissima durata di 15 secondi, forniscono agli utenti la possibilità di inserire effetti visivi particolari, file audio ripresi da colonne sonore celebri, improvvisazioni di doppiaggio. Inoltre, viene inserita la possibilità di montare i video e personalizzarli. Nonostante la personalizzazione, i video che ci piace definire "in formato TikTok", perché è questo social che li ha introdotti, ripercorrono trend diffusi e molto condivisi da tutto il pubblico del social. Seguire un trend da la possibilità di aumentare in modo totalmente organico, la popolarità stessa del video e di chi l'ha realizzato e caricato.

Ma oltre questa brevissima, maccheronica e sempliciotta spiegazione riguardante i video di TikTok, la domanda sul perché i video in questo formato piacciano così tanto, ci incuriosisce ancora.

Il formato video TikTok è dinamico

Dopo anni passati a scrollare foto dopo foto sui nostri feed di Instagram, TikTok ha offerto l'opportunità alle persone e al suo pubblico, di avere finalmente dei formati dinamici con cui intrattenersi. Ora, non staremo qui a discutere il valore artistico dei video di TikTok (assolutamente nullo), ma quello di presa nei confronti della massa. Evidentemente le persone, ad una certa, e soprattutto durante un periodo in cui il mondo era "fermo", hanno avuto bisogno di voci, di musica, di movimento e di quella leggerezza che è data dal supporto video.

Come accadde settant'anni fa con la televisione, la mente umana è attratta da tutto ciò che è in movimento e che nel movimento si trasforma o prende forme differenti.

Un video di 15 secondi, il tempo giusto per distrarsi

Sulla mancanza di concentrazione dovuta a causa dell'uso convulso e ossessivo dei dispositivi elettronici non è il caso di parlare, perché si aprirebbe una lunghissima trattazione. Ciò che ci interessa è capire come il formato video TikTok abbia avuto presa sulla nostra mente. La sua durata è di appena quindici secondi, anche se Instagram, introducendo i reels, l'ha aumentata a trenta. Quindici secondi o trenta rappresentano comunque un tempo utile per potersi distrarre un attimo nei ritagli di tempo che ci concediamo in una vita totalmente frenetica. Quindi, a questo proposito e per questa causa, sono perfetti.

Oggi si parla della possibilità, da parte sia di TikTok che di Instagram, di aprire al caricamento di video dalla durata di fino a dieci minuti. Chissà! Resta il fatto che breve ma intenso appare sempre una formula vincente!

 


Word Design e Food: come le parole riescono a tradurre il gusto

È possibile tradurre il gusto con le parole? Chiaramente la nostra risposta è si. Tutto si può comunicare con le parole, a patto che riusciamo a scegliere quelle giuste e a patto che riusciamo a scegliere anche la forma giusta.

Scrivere per la comunicazione digitale, infatti, non è come scrivere una pagina del nostro diario segreto. Dovremo tener conto sempre delle regole fondamentali del Word Design. In sintesi, giusto per riconnetterci sempre al discorso originario, dobbiamo:

  • ideare e scrivere un testo leggibile, con una sintassi semplice e corretta
  • concepire e progettare un testo che possa essere riprodotto su tutti i posizionamenti digitali atti alla promozione del brand
  • dare tutte le info utili affinché chi legge possa entrare in contatto diretto con il brand o con il prodotto

Word Design e Food: replicare il gusto su larga scala

Una volta chiarita la base, torniamo alla domanda iniziale: come si fa a tradurre il gusto a parole? Ricordate il claim pubblicitario di Fonzies? Se non ti lecchi le dita godi solo a metà. Più gusto di così! Leggendo questo claim abbiamo desiderato sicuramente di leccarci le dita dopo aver mangiato un Fonzies, abbiamo sentito il sale, goduto di quel gusto in più dateci dà quell'adorabile junk food, oppure abbiamo comprato direttamente un pacco di Fonzies.

Abbiamo preso come riferimento il claim di Fonzies perché, come ogni claim che si rispetti, è stato replicato in tv e in comunicazione offline. Era dappertutto, perché poteva essere dappertutto.

Il claim di Fonzies non ci lasciava mai soli e si adattava anche molto bene a remake simpatici e alternativi, tra cui numerosissimi quelli a sfondo sessuale.

Altro famosissimo claim per replicare il gusto su larga scala, è stato quello di Nutella: che mondo sarebbe senza Nutella? Il claim di Nutella, addirittura, espandeva il godimento del gusto dato da Nutella a tutta la sfera del vivere umano, indicando che il mondo non sarebbe stato lo stesso, non sarebbe stato quello che conosciamo oggi se non ci fosse stata Nutella.

Altro esempio utile per comprendere il Word Design e la possibilità di replicare il gusto su larga scala è quello di Tronky, fuori croccantissimo, dentro morbidissimo, sempre del brand Ferrero. Leggendolo, replicato su larga scala, come un degno prodotto di Word Design, dava a chi ascoltava o leggeva, la sensazione di addentare già il Tronky, godendo al contempo di croccantezza e morbidezza insieme.

Quindi come è possibile diffondere il gusto su larga scala utilizzando "solo" delle parole?

La scelta del lessico come priorità del Word Design nel Food

La sfida fondamentale del Word Design è creare un testo che se letto sui social, se ascoltato in radio o in tv, se letto su un 6x3 per strada o replicato su una locandina pubblicitaria in un negozio sia leggibile, memorizzabile e lasci una traccia dentro di noi. Inoltre, deve tradurre al meglio il prodotto gastronomico che vogliamo comunicare.

È per questo che ci serve selezionare un campo semantico che consti di tutte le caratteristiche peculiari del prodotto. Una volta selezionati, i tratti distintivi del prodotto vanno formulati in una sintassi semplice e d'impatto diretto. Se torniamo all'esempio di Fonzies, lì il tratto fondamentale è il sale, in Tronky la croccantezza e la morbidezza. Chi legge o ascolta deve poter sentire immediatamente il godimento al palato o, come nel caso di Nutella, la totalità dell'esperienza che inizia proprio dalle papille gustative.

Le parole usate nella comunicazione del food non solo devono tradurre cosa rappresenta quel prodotto, ma devono anche comunicare il plus che quel prodotto può portare nella vita di chi lo consuma, un plus che deve sempre e comunque essere quello del godimento legato al cibo. E che esso sia un junk food o un cibo salutare non importa: ciò che importa davvero è il grado di benessere che riuscirà ad apportare, perché vorrà dire che ne sarà valsa la pena.

 

 

 


Cosa sai del Visual Storytelling?

Cosa sai del visual storytelling? Ma soprattutto, sai di cosa stiamo parlando quando parliamo di visual storytelling? Bene, se non sai dare una risposta a queste domande o se la tua risposta ti appare ancora confusa, sei nel posto giusto.

La nostra è una società visual

Da quando c'è stata, nel Secondo Dopoguerra, la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, e in particolar modo, in quel frangente storico, la televisione, la società occidentale è diventata una società visual. Non ci perderemo in trattazioni storiche. Ciò che ci interessa sapere che una società visual è una società dove vige il potere dell'immagine e dove la percezione visiva ha ovviamente la meglio su tutti gli altri sensi. 

Basti pensare che perfino il cibo, da qualche anno, considerato uno dei business più floridi e che non conosce crisi, ha bisogno dell'impatto visivo per essere comunicato. Perché, ovviamente, la società visual necessita di strategie di comunicazione che siano visual.

Ma una strategia di comunicazione non si inventa così su due piedi. Infatti non tutte le persone che creano contenti sui social media sanno e possono comunicare. E anche se i social sono uno strumento accessibile senza limiti, chi ne fa uso, talvolta, presenta molti limiti.

Il nostro potrà sembrarvi anche un atteggiamento un po' snob. ma purtroppo è la verità. Nulla è frutto di un'illuminazione temporanea o, a patto che lo sia, dopo per fare in modo che le cose funzionino e vadano per il verso giusto, ci vuole strategia.

ll visual storytelling è una strategia di comunicazione

Metodo di comunicazione prescelto nelle strategie di Inbound Marketing è il visual storytelling. L'immagine, che sia ferma in grafica o in fotografia, o che sia mobile in video, è senza dubbio più immediata rispetto alla parola scritta e al linguaggio verbale. Questo deriva da una necessita ancestrale dell'essere umano di vedere e vedere dà una percezione immediata del tutto a scanzo di equivoci.

Chiaramente per fare in modo che tante persone condividano ciò che stanno vedendo, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che le immagini che vedono si basino sul linguaggio comune dell'inconscio collettivo.

La prima regola, quindi, per un visual storytelling che funzioni è capire se la visual strategy proposta possa avere potenzialmente  presa sul maggior numero di persone a cui si propone e che queste persone possano trovarla condivisibile.

Quindi, affinché ci sia un visual storytelling, c'è bisogno che ci sia una persona in grado di scrivere quella storia e cosciente che quella storia dovrà essere tradotta in immagine.

Il ruolo del Word Designer nella creazione di un visual storytelling

Perché parliamo dell'esigenza di avere una persona che si occupi di word design, piuttosto che solo di copywriting, nella creazione di un visual storytelling?

A differenza di chi fa copywriting, chi fa word design è consapevole che la sua storia debba essere tradotta in immagini e che quelle immagini debbano essere poi assemblate in un contenuto da diffondere su diversi canali. Pertanto, scrivere un visual storytelling per uno spot pubblicitario non è la stessa cosa che scrivere un visual storytelling per video Reel di Instagram o ancora per uno slideshow di una copertina di una pagina Facebook.

Ci sono delle differenze sostanziali legate al canale di comunicazione che chi si occuperà di visual storytelling deve conoscere e deve maneggiare con grande fermezza. La differenza primaria e imprescindibile è data dal mezzo di comunicazione; a questo seguirà un'analisi dettagliata del target a cui ci stiamo rivolgendo, del contesto socio-culturale e storico in cui quel contenuto sarà diffuso, oltre che della natura del brand che stiamo comunicando e della sua vision.

Presto analizzeremo le differenze che abbiamo sopra elencato; per ora meditiamo sul fatto che per un visual storytelling (se ci occupiamo di Word Design) ci servirà una grande capacità di analisi, la propensione a scrivere in maniera trasversale e laterale, affinché il nostro contenuto possa trasformarsi in un'immagine e all'abilità di saper parlare alla pancia e alle emozioni basilari di chi ci guarderà, per lasciare dentro una memoria. Ci si augura, indelebile.

 

 


L'errore di comunicare con le "supercazzole"

Il qualunquismo non è mai un valore, eppure la comunicazione del web è piena di quelle che in gergo noi digital copywriter e digital marketer definiamo "supercazzole".

Ma cos'è una "supercazzola"? Entriamo nel vivo. Una "supercazzola", per usare il francese, è un copy o un contenuto redatto senza avere nessun margine di originalità, né nella propria scrittura né tantomeno nella scrittura proposta per il brand che stiamo curando. Ciò significa che:

  1. state scrivendo in maniera totalmente impersonale e dalla vostra scrittura non emerge né passione, né preparazione. In sintesi, sostenete di essere dei copywriter o dei digital copywriter, ma la vostra scrittura è sapida, non trasmette nessun'emozione, non racconta nessuna storia. Usate un lessico generalista e piatto e il vostro copy potrebbe essere adattato a qualsiasi contesto, potrebbe essere piegato a qualsiasi necessità.
  2. state scrivendo senza dare valore al brand, senza far emergere la sua visione valoriale, non state usando il lessico e il campo semantico che meglio si addice a quel brand, non vi state rivolgendo a nessun target, non state puntando a nessun obiettivo e sicuramente non ne raggiungerete nessuno.

Nella comunicazione, la "supercazzola" è un disvalore

Nella comunicazione la "supercazzola" è un disvalore. Se provate noia per la vita, se pensate che tutto sia grigio e che tanto il vostro testo non verrà letto, se fate questo mestiere ma non lo sentite e se avete un atteggiamento scocciato, è meglio che cambiate lavoro. No, lo sto dicendo seriamente e no, non sto scherzando. La comunicazione, come la vita, ha bisogno di passione. E vi salva il fatto che io sia una persona corretta e diplomatica, perché altrimenti qui linkerei un sacco di esempi facendo nomi e cognomi di chi, con la solita sfacciataggine che contraddistingue le persone mediocri, si vende per copywriter e scrive solo "supercazzole".

Come rimediare alla "supercazzola"

La scrittura è un'arte e non è per ogni persona: non basta voler scrivere o imparare a scrivere, cosa che si fa già dalle elementari. Bisogna sentire dentro quella grande passione che accomuna tutte le persone che vogliono fare un lavoro artistico. Sì, perché nello scrivere c'è l'arte dell'ascolto, l'arte del ricordo, l'arte della traduzione. Scrivere è ogni volta ri-scrivere, tradurre un pensiero, un sogno, una visione che nella mente di chi ci parla, di chi ci chiede di redigere i testi per un sito o anche per un "semplice" post sui social network, esiste già. Noi copywriter dobbiamo saper tradurre quel pensiero, quel sogno, quella visione.

E, credetemi, non c'è accademia o laurea che tengano: se non sentite viva dentro di voi la fiamma di quella passione, a nulla varranno i titoli di studio.

Al contempo, però, se avete davvero quella fiamma, non lasciate che si spenga: coltivatela, alimentatela, informatevi, leggete (tanto), studiate, fate ricerca continua, su ogni argomento vi si pari davanti o vi venga proposto. Mettete da parte l'ego, perché non c'è un argomento più o meno degno della vostra attenzione. Siate umili.

Se volete evitare di scrivere testi dozzinali, abbiate cura di ciò di cui parlate, di ciò che tradurrete nella sacralità della parola scritta. 

Tutto il resto, sono solo enormi "supercazzole".

 

NB: questo articolo è stato scritto nel rispetto di una visione a-gender ed eticamente sostenibile.