L'errore di comunicare con le "supercazzole"

Il qualunquismo non è mai un valore, eppure la comunicazione del web è piena di quelle che in gergo noi digital copywriter e digital marketer definiamo "supercazzole".

Ma cos'è una "supercazzola"? Entriamo nel vivo. Una "supercazzola", per usare il francese, è un copy o un contenuto redatto senza avere nessun margine di originalità, né nella propria scrittura né tantomeno nella scrittura proposta per il brand che stiamo curando. Ciò significa che:

  1. state scrivendo in maniera totalmente impersonale e dalla vostra scrittura non emerge né passione, né preparazione. In sintesi, sostenete di essere dei copywriter o dei digital copywriter, ma la vostra scrittura è sapida, non trasmette nessun'emozione, non racconta nessuna storia. Usate un lessico generalista e piatto e il vostro copy potrebbe essere adattato a qualsiasi contesto, potrebbe essere piegato a qualsiasi necessità.
  2. state scrivendo senza dare valore al brand, senza far emergere la sua visione valoriale, non state usando il lessico e il campo semantico che meglio si addice a quel brand, non vi state rivolgendo a nessun target, non state puntando a nessun obiettivo e sicuramente non ne raggiungerete nessuno.

Nella comunicazione, la "supercazzola" è un disvalore

Nella comunicazione la "supercazzola" è un disvalore. Se provate noia per la vita, se pensate che tutto sia grigio e che tanto il vostro testo non verrà letto, se fate questo mestiere ma non lo sentite e se avete un atteggiamento scocciato, è meglio che cambiate lavoro. No, lo sto dicendo seriamente e no, non sto scherzando. La comunicazione, come la vita, ha bisogno di passione. E vi salva il fatto che io sia una persona corretta e diplomatica, perché altrimenti qui linkerei un sacco di esempi facendo nomi e cognomi di chi, con la solita sfacciataggine che contraddistingue le persone mediocri, si vende per copywriter e scrive solo "supercazzole".

Come rimediare alla "supercazzola"

La scrittura è un'arte e non è per ogni persona: non basta voler scrivere o imparare a scrivere, cosa che si fa già dalle elementari. Bisogna sentire dentro quella grande passione che accomuna tutte le persone che vogliono fare un lavoro artistico. Sì, perché nello scrivere c'è l'arte dell'ascolto, l'arte del ricordo, l'arte della traduzione. Scrivere è ogni volta ri-scrivere, tradurre un pensiero, un sogno, una visione che nella mente di chi ci parla, di chi ci chiede di redigere i testi per un sito o anche per un "semplice" post sui social network, esiste già. Noi copywriter dobbiamo saper tradurre quel pensiero, quel sogno, quella visione.

E, credetemi, non c'è accademia o laurea che tengano: se non sentite viva dentro di voi la fiamma di quella passione, a nulla varranno i titoli di studio.

Al contempo, però, se avete davvero quella fiamma, non lasciate che si spenga: coltivatela, alimentatela, informatevi, leggete (tanto), studiate, fate ricerca continua, su ogni argomento vi si pari davanti o vi venga proposto. Mettete da parte l'ego, perché non c'è un argomento più o meno degno della vostra attenzione. Siate umili.

Se volete evitare di scrivere testi dozzinali, abbiate cura di ciò di cui parlate, di ciò che tradurrete nella sacralità della parola scritta. 

Tutto il resto, sono solo enormi "supercazzole".

 

NB: questo articolo è stato scritto nel rispetto di una visione a-gender ed eticamente sostenibile.


Cosa fare con gli hashtag

Gli hashtag, questi sconosciuti. Ebbene sì, perché a differenza di ciò che si pensa, nel magico mondo dei social media manager si fa sempre una grande confusione sull'uso degli hashtag.

Partiamo dal principio: che cosa è un hashtag? L'hashtag è un tag che ha la funzione di aggregatore tematico. Ciò significa che gli hashtag hanno la funzione di contenitori tematici per i milioni di post che ogni giorno vengono pubblicati sui social media. Gli Hashtag furono introdotti in quello che ormai appare come un lontanissimo 2007. Essi servivano a dividere i contenuti in base agli argomenti trattati, rendendone anche più facile il reperimento e a distinguere i cosiddetti trend topic.

I trend topic sono argomenti caldi su cui si discute in un particolare momento e che riescono a fornire un feedback valido sulle tendenze del web in tempo reale.

Hashtag e Instagram

Nati su Twitter, gli hashtag hanno avuto però il loro grande successo dal 2015 grazie ad Instagram. Questo è avvenuto perché si è compreso subito il valore degli hashtag non solo nell'accorpare contenuti simili e che quindi mettevano facilmente in contatto persone con gli stessi interessi, ma anche nell'aumento del numero dei follower.

Usati nella maniera giusta, infatti, gli hashtag hanno il potere di aumentare i follower di una pagina perché giocano sul senso di appartenenza da parte di persone che condividono gli stessi interessi e le stesse problematiche.

Certo, da un paio di anni ad oggi, la tendenza ad usare molti hashtag è diminuita esponenzialmente. Ciò è avvenuto perché l'uso di hashtag troppo generici e diffusi causa una naturale dispersione dei contenuti di piccoli account, che si vedono superati da quelli molto più grandi in numero di follower.

Inoltre, dopo che Facebook (da poco META) ha acquisito Instagram, il potenziale di crescita in organico data dall'uso degli hashtag, è diminuito. Infatti un contenuto cresce solo in adv e farlo crescere in organico sfruttando uno spazio che è bene ricordare, non è nostro, è diventato molto più difficile. Quindi non montatevi troppo la testa: crescerete se imparerete a fare online adv o se vi affiderete ad una persona esperta per farlo.

Diversamente il vostro engagement rate sarà così basso che vi servirà solo per autocelebrarvi, e quindi non vi servirà a nulla.

Perché l'hashtag su Facebook non funziona

Da social media manager e copywriter devo ammettere che vedere hashtag su Facebook è davvero molto fastidioso.

Dal 2016 gli hashtag si sono diffusi anche su faccialibro, ma con scarsissimi risultati. Questo perché a Facebook non serve un aggregante di contenuti: il social di tutti i social non è nato per quello, ma piuttosto per dare contenuti estemporanei e pareri ancora più estemporanei. In più Facebook nasce per raccontare fatti e visioni personali e per condividerli con le persone che abbiamo scelto, non per diffondere contenuti. È per questo che l'hashtag su Facebook non ha appeal, anzi potrebbe sortire l'effetto contrario, disperdendo il nostro contenuto.

In quale ordine inserire gli hashtag

Fermo restando che utilizzeremo gli hashtag solo per i nostri post di Instagram, quindi, cerchiamo di capire anche in quale ordine inserirli in base alla loro tipologia:

  • brand hashtag: gli hashtag relativi al brand che stiamo curando, con il loro nome o claim;
  • hashtag di settore: si intendono quelli relativi al settore merceologico di riferimento del brand per cui stiamo lavorando; ù
  • hashtag generici e trend topic: che siano comunque coerenti con il contenuto che stiamo pubblicando e con la nostra linea editoriale.

Inseriscine massimo dieci, ponderando il numero in base alle tipologie sopra elencate, se non vuoi dare la percezione di essere poco "cool".

 

Dopo questo, mi raccomando! E buon #hashtag.

 

NB: questo articolo è stato scritto nel rispetto di una lingua inclusiva e con un approccio gender correct.

 


Regole di sopravvivenza per freelance

Tanto un post devi pubblicare. Se hai avuto la brillante idea, nella tua vita, di essere social media manager, chissà quante volte avrai sentito questa frase.

In questo articolo ti spiegheremo come sopravvivere al senso di frustrazione e turbamento che segue l'ascolto di una frase così, enunciata spesso dalle persone con cui, come freelancer, collaboriamo.

Si, perché se hai la fortuna di lavorare nel contesto di un'agenzia e se hai la fortuna di lavorare con persone corrette che poco a poco, giorno dopo giorno, diventano la tua famiglia, hai meno possibilità di correre questo rischio. Perché se un'azienda si comporta in maniera scorretta nei confronti di persone che, come te, lavorano nell'ambito del marketing e della comunicazione, e in agenzia vige un buon clima, si farà di tutto per fare fronte comune e cercare un dialogo alternativo con l'azienda.

Ma se sei freelance, combatti in totale solitudine nei confronti delle aziende con cui collabori e devi sapere quali regole applicare per destreggiarti e sopravvivere in questo marasma.

Sopravvivenza e vita da freelance

I freelance non hanno vita facile. E questa non è una frase campata in aria, è una certezza. Qualcuno diceva che l'unione fa la forza e mi sa che aveva ragione. Quando si è in gruppo ogni difficoltà viene superata con il supporto e l'attenzione di tutte le persone che lavorano insieme, che condividono battaglie, che hanno un obiettivo in comune. Quando, invece, ci ritroviamo in totale solitudine a fronteggiare momenti di sconforto, la possibilità di avere una rivincita si fa molto più dura.

Per questo ti dedichiamo questo articolo, perché nessun essere umano è una monade solitaria, anche se freelance.

Vediamo quindi come fronteggiare e reagire alle più diffuse occasioni di critica che ci possono provenire dall'esterno. Fermo restando che questi consigli non devono aumentare la nostra arroganza: infatti ammettere i propri errori e fare di tutto per superarli è prova di grande intelligenza. La frustrazione e l'umiliazione derivano piuttosto da frasi dette senza coscienza di causa, senza provare a capire che il nostro mestiere è complesso, richiede tempo e che non è nostra tutta la responsabilità di alcune scelte aziendali visibilmente fallimentari.

Regole di sopravvivenza per freelance

Vi mostriamo qui 5 occasioni di disagio che sicuramente vi saranno capitate e 5 modi per affrontarle con eleganza, grazia e positività:

  1. Tanto un post devi pubblicare: no. Questa è una frase molto frequente. Per scrivere un post, soprattutto per scrivere un post che abbia un senso in una strategia di digital marketing serve una grande concentrazione e tanto metodo e studio, oltre che tanta tanta pratica.
  2. Una grafica la posso fare anche io. Non è assolutamente vero. Anche qui serve preparazione, specie se non vogliamo incorrere in grafiche off topic o in stile anni Ottanta.
  3. Ho provato a chiamarti ieri sera, perché non hai risposto? Datevi degli orari. Sconnettersi dai dispositivi, dalle mail, dalle chiamate alle 9 di sera è un diritto. Altrimenti diventerete il vostro lavoro, perdendo di vista le altre cose belle e ugualmente importanti della vita.
  4. Non posso pagarti, è un momento difficile. Forse questa è una delle frasi più agghiaccianti. Se si entra in un negozio per comprare un paio di scarpe si presuppone che si abbiano i soldi per comprarle. Quindi se un'azienda vi richiede dei servizi mettete subito in chiaro che ogni servizio ha un suo costo e che ogni servizio va regolarmente pagato.
  5. La tua attività non ha apportato nessun beneficio all'azienda. Per questo è importante creare dei report e spiegare che per ogni risultato serve del tempo consono. Mostrate i report con i dati e se sono davvero insoddisfacenti, può capitare. Il marketing e la comunicazione vivono di approssimazioni successive. C'è sempre la possibilità di regolare il tiro, perché non tutti gli aspetti di una strategia sono precisamente definibili in partenza. Cercate un dialogo su queste basi e assicuratevi di avere sempre una risposta propositiva e proattiva.

Infine imparate dagli errori. Nessun essere umano nasce già con l'esperienza per la vita. Perseguite l'umiltà senza mai perdere la vostra dignità. Studiate per avere basi forti e sappiate che si può sempre migliorare e imparare.

Per concludere ricordate la frase di Bill Gates e quando siete particolarmente giù di tono, ripetetevela come un mantra:

Se riesco a fare un lavoro in 30 minuti è perché ho speso 10 anni per imparare come farlo in quel tempo. Tu devi pagarmi per quei 10 anni, non per i 30 minuti. 

E in bocca al lupo!

 

NB: questo articolo è stato scritto nel rispetto di un linguaggio gender correct.


Viene prima il copy o la creatività?

È nato prima l'uovo o la gallina? Viene prima il copy o la creatività?

Questa è una domanda che affligge da sempre ogni social media manager e spesso, come la domanda sulla priorità dell'uovo sulla gallina non trova risposte. Spesso noi social media manager ci ritroviamo in questa situazione di delirio: dobbiamo scrivere prima il copy e poi pensare alla creatività o in base alla creatività dobbiamo formulare il copy? La questione si fa interessante e in questo articolo cercheremo di dare una risposta esaustiva in base alle necessità che abbiamo o in base alla situazione in cui ci troviamo.

In un mondo ideale il copy e la creatività rientrano in una strategia

Prima di tutto viene la strategia. Ebbene si. Il copy e la creatività, infatti, sono i due elementi fondamentali di un piano editoriale. Quando ci troviamo a creare una strategia di social media management per clienti, aziende e brand, è necessario che il quadro della situazione ci appaia subito chiaro. Quale obiettivo vogliamo raggiungere? Quale target vogliamo colpire? Quale offerta di prodotto vogliamo proporre al nostro pubblico?

Chiariti i termini ultimi di una strategia di comunicazione, già in fase iniziale, possiamo procedere con la creazione di un piano editoriale. Esso, come sappiamo, consta di copy e di creatività. L'appartenenza di questi elementi ad una strategia più ampia determinano la necessità di pensarli insieme. Nel mondo ideale del social media management, essi dovrebbero nascere, crescere e svilupparsi in contemporaneità. Dovrebbero essere coerenti l'uno con l'altro, perché insieme dovrebbero portare al raggiungimento finale di un obiettivo di brand awareness, di vendita prodotti o di generazione contatti, per citarne solo qualcuno.

Sappiamo, però, che nella realtà dei fatti non è sempre così, soprattutto se siamo freelance e dobbiamo lavorare a contatto con altre professionalità, a loro volta freelance. Inoltre le aziende non hanno sempre la possibilità di avere un reparto di marketing e comunicazione dedicato, e per questo si affidano ad altre professionalità che spesso non riescono ad avere un dialogo continuo fra di loro. E poi, spesso, le aziende non si fidano di chi sa fare il proprio lavoro, imponendo gusti e necessità tutte personali e che non riescono ad essere incluse in una strategia.

Per questo è necessario conoscere cosa sarebbe "il meglio", ma bisogna anche riuscire a barcamenarsi in situazioni più scomode. Vediamo come fare.

Se la creatività viene prima del copy

Ecco, questa è una delle situazioni più comuni: l'azienda ci fornisce già delle creatività e noi dobbiamo adeguare i copy e, ancor peggio, un piano editoriale strategico. Come fare?

Diciamo che questa non è una delle migliori situazioni per chi si occupa di social media management, ma è anche vero che è una delle situazioni più comuni. Soprattutto se non abbiamo una direzione creativa a cui fare riferimento o che ci possa supportare in un qualche modo.

Quindi:

  • cerchiamo di programmare comunque una strategia che ci serva come punto fermo per il nostro lavoro, con gli obiettivi che avevamo definito precedentemente con l'azienda;
  • analizziamo con calma e attenzione tutti i contenuti che ci sono pervenuti;
  • cerchiamo di trovare quelli che meglio si adattano alla nostra strategia (ce ne sarà sicuramente qualcuno che può tornarci utile per attuare il nostro piano);
  • diamo ai contenuti una certa coerenza (aggiungiamo un template identificativo del brand o magari il suo logo: a tal proposito Canva può tornarci molto utile);
  • scriviamo copy coerenti con i contenuti. È vero, ce li immaginavamo tutti diversi, ma ora che siamo in questa situazione dobbiamo usare tutti i mezzi a disposizione e tutta la nostra intelligenza per fare il nostro meglio con ciò che abbiamo.
  • mettiamoci in contatto con chi ha creato quei contenuti e cerchiamo di capire il perché ha pensato proprio a questo e non ad altro. Apriamo un dialogo e cerchiamo di trovare una via comune per capire anche il punto di vista altrui, mantenendo sempre saldi i nostri obiettivi.
  • creiamo un piano editoriale intelligente che possa creare un filo rosso coerente con copy, creatività e obiettivi.

Copy o creatività, in ogni caso mantieni la calma

Mantenere la calma è la condizione fondamentale del nostro lavoro. Non sempre le cose vanno come ce le immaginiamo o come, in teoria, dovrebbero andare. Quindi il mio consiglio è sempre quello di fare il meglio con ciò che hai, ma al contempo non perdere la certezza che un giorno le cose saranno esattamente come le desideri!